Cittadini illustri del passato

Pasquale Coluccio

Il Direttore didattico Pasquale Coluccio, nato a Roccella Jonica l’8 dicembre 1909 e morto il 30 marzo 2005 viene annoverato per le sue doti umane, culturali e professionali tra i cittadini più illustri di Roccella.

Entrò nel mondo della Scuola giovanissimo e vi rimase per più di mezzo secolo profondendo in essa tutte le sue energie, facendo della scuola elementare di Roccella un centro di formazione culturale ed umana, istituendovi diverse innovazioni, spesso precorrendo i tempi, rispetto alle leggi ed alle ordinanze ministeriali. Tra queste: l’inserimento nelle classi normali degli alunni diversamente abili; l’istituzione della prima Equipe medico –psico - pedagogica; l’ideazione della prima Associazione scuola -famiglia di tutta la regione; l’avviamento, per la prima volta nella Provincia di Reggio, del “tempo pieno”.
Si deve a lui anche l’apertura del primo asilo nido nella zona e l’istituzione della prime sezioni di scuola materna. Un impegno a tutto tondo, quello profuso dal direttore Coluccio, per l’affermazione di una scuola di promozione umana, fondata sulla persona, nel rispetto delle varie fasi dello sviluppo di ciascuno, specie dei soggetti con difficoltà di apprendimento.
Pasquale Coluccio fu anche uomo delle istituzioni, ricoprendo l’incarico di consigliere comunale di Roccella dal 1970 e di assessore alla Pubblica Istruzione e Sport dal 1975 al 1985. Fu poeta, scrittore, decano degli enigmisti calabresi e socio fondatore del Centro di aggregazione sociale per anziani di Roccella.
Al direttore Coluccio è stato intitolato, con una seguita e commossa cerimonia all’auditorium comunale, il 17 maggio 2008, il Circolo didattico Statale di Roccella Jonica.

VINCENZO CARELLA

Vincenzo Carella, Sottotenente dell’Esercito, ricevette la medaglia al valore militare, la morte lo colpì giovanissimo durante un azione di guerra. A Roccella Jonica, gli fu intitolata una via, in ricordo dell’ufficiale caduto per la sua Patria. 

OLINDO LAGANA’

Olindo Laganà, ricevette la medaglia al valore militare, morì in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale, precisamente il 30 aprile 1943. A Roccella, il 30 aprile 1988, in sua memoria è stata scoperta una lapide di marmo. 

 

ANNAROSA MACRI’

Annarosa Macrì, nacque a Roccella Jonica, il 27 settembre 1890, ricevendo sin da bambina, dalla madre,  una forte educazione religiosa. Frequentò la scuola fino alla terza elementare e poi si dedicò con impegno alla lettura di testi religiosi. La sua guida spirituale fu il Sacerdote roccellese Don Antonio Toscano. Non poche furono le sofferenze che patì fino al giorno della sua morte il 20 ottobre 1918, a ventotto anni. Durante la sua breve vita, fu spesso vista pregare in grande estasi, e il 7 settembre 1911 fu "vista sollevarsi da terra" in atto di comunione con Dio.

ANTONIO TOSCANO

Antonio Toscano, nacque a Roccella Jonica il 2 febbraio 1876. A diciassette anni, insieme al padre ed al fratello emigrò in Argentina, e lì che abbraccio la vocazione religiosa. A ventidue anni tornò a Roccella Jonica per prestare il servizio militare, ma risultò esonerato dal servizio, in quanto già suo fratello aveva assolto a tale dovere. Fu allora che egli pensò di entrare nella Congregazione Salesiana. Nel 1903, iniziava la sua vita sacerdotale e fu a Roccella Jonica che celebrò la prima Messa, nella chiesa di S. Nicola ex Aleph. Don Antonio resta un esempio per ogni cittadino con la sua fede operosa e coraggiosa, da una vita di intima comunione con Dio. Muore a Roccella Jonica il 4 giugno 1946 a settantanni di età.

ORLANDO FILOCAMO

Orlando Filocamo, nacque a Roccella Jonica il 24 aprile 1907, dopo gli studi superiori, conseguì la Laurea in Giursprudenza a Napoli. Durante la seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi, però durante una disastrosa ritirata in Russia, subì il congelamento delle arti superiori, con la successiva amputazione di otto dita delle mani. Le debilitate condizioni di salute lo portarono alla morte il 13 ottobre 1950, presso l’Ospedale S. Camillo di Roma. La famiglia, ebbe come riconoscimento una medaglia di bronzo al valore militare e negli anni ottanta, in suo ricordo, gli venne intitolata la scuola Media Statale.

GIOVANNI VITTORIO ENGLEN

Giovanni Vittorio Englen, nacque a Roccella Jonica il 27 marzo 1780, conseguì la laurea in Giurisprudenza a Napoli e ad appena ventiseienne, divenne Capo di Dipartimento del Ministero di Grazia e Giustizia. Murat lo incaricò di redigere il nuovo codice napoleonico napoletano da contrapporre a quello borbonico.  Egli, pubblicò numerosi commenti ai codici penale e procedura penale, inoltre, denunciò abusi delle autorità di polizia, fino al punto di essere estromesso da ogni carica e subire la prigione. Gli ultimi anni della sua vita li dedicò agli studi commerciali, fondando alcune banche. Nel 1845, divenne Capo delle Dogane Regie. Morì il 15 gennaio 1848.

CAMILLO DE ANGELIS

Camillo De Angelis, nacque a Roccella Jonica, il 31 agosto 1880, conseguì a Napoli la laurea in Lettere e Diploma di Lingue Orientali. Autore di carmi, odi, favole. Nel 1938 pubblicò una raccolta di sonetti dal titolo "Aneliti". Morì a Roma il 29 marzo 1939.

EUGENIO MINICI

Eugenio Minici, nacque a Roccella Jonica il 6 giugno 1853. Laureatosi in medicina e chirurgia, entrò nel Corpo Sanitario Militare, dove in poco tempo divenne Tenente Generale Medico. Durante il terremoto del 1908, nel quale perse l’intera famiglia, si distinse per l’opera di soccorso, ricevendo la medaglia d’oro al valore civile. Inoltre, nel corso della sua attività di medico militare, si dedicò a numerosi interventi a favore di popolazioni colpite da epidemie e calamità. Scrisse molte pubblicazioni scientifiche di medicina. Morì a Roccella il 26 luglio 1937.

 

EUGENIO BOVA

Eugenio Bova, nacque a Roccella Jonica il 26 novembre 1875. Dal padre ebbe la spinta ad abbracciare gli ideali di libertà e democrazia, che rafforzò a Napoli, dove si laureò in giurisprudenza. Quando rientrò a Roccella, alla fine degli studi, aderì al partito socialista, coinvolgendo altri giovani e creando leghe, circoli e sezioni di partito in tutta la zona. Egli, fu il presidente del primo circolo socialista di Roccella ed il 1° maggio del 1903 fondò ufficialmente la prima sezione di partito. Il 4 ottobre 1903, si tenne a Roccella, il terzo congresso regionale socialista, durante il quale venne eletto nell’Esecutivo Regionale. Nel 1906 fondò la Società di Mutuo Soccorso e Beneficienza "Il lavoro". Durante il Congresso di Livorno del 1921, visto lo scontro politico della sinistra riformista  e della sinistra radicale, egli insieme ad altri compagni aderì al nuovo Partito Comunista, lanciando la proposta della costituzione di una Federazione Comunista nella jonica. Durante il periodo fascista, si dedicò quasi esclusivamente alla sua professione di avvocato. Dopo la caduta del fascismo, riprese il suo posto nel Partito Comunista, nel quale rimase come militante attivo fino alla sua morte, avvenuta a Locri nel 1954.

 

RAFFAELE URSINI

Raffaele Ursini nacque a Roccella Jonica il 5 maggio 1851. Iniziò giovanissimo la sua carriera artistica a Napoli sotto la guida di Davide Gravante e frequentò, poi, l’Istituto di Belle Arti.
Alla Promozione di Napoli espose il lavoro Cibo dell’anima che fu acquistato dal principe Carafa.
L’artista,  dopo aver girovagato per l’Italia, decise di trasferirsi nell’America del Sud dove, a Buenos Aires, vinse con il quadro Allegoria. Ritornato in patria, continuò a dipingere ed all’esposizione generale italiana di Torino nel 1884 presentò Il Rosario che ebbe molto successo.
Alla Biennale di Venezia di qualche anno dopo espose il quadro Tradizione; alla Mostra Nazionale di Messina nel 1907 vinse il 2° premio con il quadro L’onomastico di Silvietto e nel 1911 si segnalò con il quadro Pellaro 28 dicembre 1908 all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma.
L’Ursini produsse una serie di affreschi e tele a soggetto religioso e una serie di quadri, oltre 50, i cui temi prediletti sono “immagini di marinai al lavoro, di donne che recitano il rosario, di zingari arrivati ai piedi della superba rupe roccellese, sull’arenile vasto, talora ardente di sole, oppure plumbeo e senza altra vita che quella del mare corrucciato”.
 

LUIGI PROTA GIURLEO

Luigi Prota Giurleo nacque il 5 febbraio del 1827 a Roccella Jonica.
Egli, compì i suoi studi, come il Campanella, nel Convento di Stilo, dove vestì l’abito domenicano. Giovanissimo, si recò a Roma per studiare teologia ed qui diede il suo nome alla “Giovine Italia”. Da Roma, a causa della sua attività politica, che gli procurò odio e persecuzione dal potere civile ed ecclesiastico, dopo i moti del 1848, fu confinato in vari conventi della Dalmazia. Venuto a conoscenza dei preparativi della spedizione dei Mille, si recò a Genova e, subito dopo lo sbarco del Mille in Sicilia, dove gli furono affidati incarichi importanti, per i suoi meriti e benemerenze, fu insignito della Croce di S. Maurizio e Lazzaro e della Commenda della Corona d’Italia.
Intorno al 1861, il Prota iniziò una polemica aspra contro il potere temporale del Papa, in difesa di Roma capitale del Regno d’Italia, recentemente proclamato, del suo Re “cattolico” Vittorio Emanuele II, affermando, tra l’altro, che Cristo, per farci comprendere l’universale effetto della sua redenzione e l’illimitato imperio di quella autorità spirituale che ai suoi ministri comunicava, scelse, - a differenza del Dio degli ebrei -, a sua nazione l’intero umano ed alla sua città capitale l’universo mondo.
Egli determina la natura dei due supremi poteri sociali (chiesa e stato), secondo i principi della ragione e della legge positiva divina alla luce della tradizione cattolica.
Incrollabile e certa fu la sua fede in Roma capitale d’Italia e nei benefici effetti che ne sarebbero derivati alla Chiesa e allo Stato, quando la “questione romana”era sì una realta scottante ma sembrava un sogno irrealizzabile per calcoli politici stranieri ed interessati nostrani timori. “Quando Roma sarà dell’Italia, e lo sarà, i monumenti del Cristianesimo saranno viemmaggiormente illustrati e custoditi; il Pontefice del Cristianesimo sarà più grande nella sua maestà, la sua coscienza sarà più tranquilla, il suo spiritual potere più rispettato, la sua parola più potente…!
Il padre domenicano Luigi Prota, ritornato in Italia dalla Dalamzia, riprendeva, dal convento di San Domenico di Napoli, la sua lotta per riunire intorno a sé tutti quei sacerdoti di spirito sinceramente patriottico e liberale, che avevano subito e subivano feroci sanzioni o giuste punizioni da parte dei loro vescovi borbonici e ovviamente retrivi e che erano quasi tutti ridotti alla fame per le sospensioni a divinis.
Il Prota  pubblicava nel 1861 a Napoli: “Roma Capitale della Nazione Italiana – Idee comparative e giudizio ecc. ecc.” e successivamente nel 1863 “Lo scisma del clero liberale in Italia”.
Successivamente, il Prota, messosi a capo degli antinfallibilisti napoletani, diede origine al primo scisma nazionale in Italia.
Egli fondò la “Società Nazionale Emancipatrice del Sacerdozio”, che poi trasformò in “Chiesa Nazionale”, la prima chiesa cattolica nazionale dell’Italia unita.
Di questa chiesa egli fu il vescovo eletto e ne preparò lo “statuto” e gli atti correlativi.
Organo ufficiale di esse fu l’”Emancipatore Cattolico” un periodico scismatico da lui fondato e che costituisce una interessante documentazione della lotta italiana contro il papato dopo il Concilio Vaticano e il Venti Settembre.
Ben presto il favore della “plebis fidelium et sacerdotum” per questa chiesa nazionale venne meno.
Luigi Prota ne fu amereggiato e, rimasto isolato e solo, morì povero e dimenticato a Napoli nel dicembre del 1892. Aveva combattuto e cooperato, come potè e secondo i suoi intendimenti, con tutte le sue forze intellettuali e spirituali, al compimento della grande rivoluzione nazioanle della “sacra Italia”, alla quale, nel dedicare le sue “umili carte” aveva offerto anche la vita:

“A Te
o Italia o cara patria mia
cui
dopo dio
intra
le gioie delle tue sante speranze
e
il tuo dolore antico
perenne eguale
la mia mente e il mio cuore
culto ti rese
queste
umili carte
col desio
di
offrirti anche la vita”.

 

 

GIUSEPPE NANNI

Giuseppe Nanni, avvocato, oratore di fama, amministratore di grande saggezza, uomo di riconosciute qualità intellettuali e morali, filantropo e protettore dei deboli.
Nato a Roccella Jonica nel 1834, dal barone Ferdinando e dalla nobildonna Carolina Falletti, si trasferì a Napoli dove, conseguì la laurea in belle arti e filosofia e, successivamente in giurisprudenza.
Aprì uno studio professionale a Reggio Calabria, presso il cui Foro divenne in poco tempo un grande luminare.
Giuseppe Nanni fu nominato sindaco di Roccella per il triennio 1870 -72, distinguendosi come amministratore saggio, umano e generoso, sempre pronto ad offrire il suo aiuto a quanti ne hanno avuto bisogno.
Nel 1883, durante una epidemia di colera che afflisse la popolazione di Roccella, si distinse nell’opera di soccorso ai bisognosi, offrendo assistenza morale ed economica a vedove, orfani e ad ogni altra persona colpita dall’immane sciagura.
Lo stesso “Giuseppe Garibaldi, in una lettera indirizzatagli da Caprera, ringraziava il caro amico Nanni per il bene da lui prodigato ad alcune persone che il Generale gli aveva raccomandato”.
Per molti anni, Giuseppe Nanni ricoprì la carica di Consigliere e Deputato della Provincia di Reggio Calabria.
Alla carica di Parlamentare del Regno arrivò nell’anno 1873, come Deputato per il Collegio di Castelvetere (l’attuale Caulonia con Roccella), venedo eletto al Parlamento dell’undicesima legislatura (il Primo Parlamento italiano dopo l’unità fu detto dell’Ottava Legislatura, nel 1861).
Successivamente, fu rieletto nel medesimo Collegio  (1882), svolgendo il suo mandato parlamentare col massimo dell’obiettività. 
Molte le battaglie parlamentari che videro Giuseppe Nanni impegnato a sostenere con tutta la sua dialettica oratoria le tesi che più lo appassionavano, specie allorquando queste riguardavano il miglioramento dell’ordinamento giuridico e lo sviluppo del Mezzogiorno.
Per quanto riguarda l’estensione del voto alle donne, si dichiarò a quel tempo contrario,  ritenendolo ancora prematuro.
A Giuseppe Nanni non mancarono gli attestati di alto valore per l’opera da lui svolta ad ogni livello.  
Il re Vittorio Emanuele II, con atto del 5 giugno 1877, gli concesse l’onorificenza di Commendatore della Corona d’Italia come riconoscimento dell’attività patriottica svolta durante il periodo del Risorgimento, in relazione a contatti sempre mantenuti con i cospiratori di Napoli e della Calabria. Successivamente, nel febbraio 1892, gli giunse la comunicazione riservata, di conferimento della nomina di Senatore del Regno.
Il 4 agosto 1892, Giuseppe Nanni moriva a Roccella Jonica, senza avere avuto la possibilità di esercitare le funzioni derivanti da quest’ultima  nomina.
 

PIETRO MAZZONE

Pietro Mazzone nacque a Roccella Jonica il 21 febbraio 1818, da padre Giuseppe e madre Marianna Barta, dopo gli studi di ordine inferiore e superiore svolti in Calabria, a  Napoli conseguì la laurea in giurisprudenza.
Ed è qui che il Mazzone venne in contatto con gli ambienti mazzianiani e aderì alle riunioni segrete del Comitato Centrale Rivoluzionario, rafforzando i suoi ideali di libertà e patriottismo. Scoperto, dovette abbandonare Napoli, interrompendo gli studi universitari. Nel 1845 ritornò, per partecipare ai lavori del VII Congresso degli Scienziati Italiani, rivolto a sviluppare temi scientifici, ma  in realtà il vero scopo era quello di favorire la creazione di una coscienza nazionale capace di dar luogo a possibili tentativi insurrezionali.
Rientrando a Roccella, Mazzone si fermò per poco tempo a Catanzaro, dove conobbe la signorina Eleonora De Riso, il cui fratello marchese Vitaliano, allora Venerabile della Loggia massonica cittadina “Unità Liberale”, lo convinse ad entrare nella associazione.
Convinto sostenitore dell’azione rivoluzionaria, l’unica in grado di liberare il popolo dalla tirannide borbonica, si adoperò , con gli altri capi Michele Bello, Gaetano Ruffo, Rocco Verduci e Domenico Salvadori, per il reclutamento di uomini e mezzi in tutti i paesi della zona. Dopo di che, fu dato il via allo scoppio dei moti insurrezionali, che ebbero inizio da Bianco il 2 settembre 1847.
I rivotosi riuscirono ad occupare quasi tutti i comuni della jonica, dove, con proclami e ordinanze, iniziò una rivoluzione a carattere fiscale, emettendo vari provvedimenti per favorire economicamente le popolazioni più deboli.
La sera del 6 settembre, gli eroi della rivolta giunsero a Roccella , dove trovarono la popolazione ad accoglierli per le vie del paese. Qui i capi furono ospitati in casa Mazzone.
Però a causa di un equivoco, durante la notte, ci fu uno scompiglio tra le file degli insorti, che per sfuggire alla cattura, furono costretti a disperdersi nelle campagne limitrofe.
Inseguiti dalle guardie urbane, quasi tutti i fuggitivi furono ben presto arrestati, mentre il Mazzone e il Ruffo riuscirono a raggiungere, via mare, la città di Catanzaro vestiti da marinai. Qui i due perseguitati speravano nell’aiuto del marchese De Riso, che, però offrì una copertura solo al futuro cognato, il quale, sdegnato, dopo aver lasciato una lettera carica di sentimento per la sua Eleonora, decise di rientrare insieme al compagno nel distretto di provenienza.
A Roccella i due amici si separarono, ed il Mazzone, ritenendosi erroneamente scoperto in procinto di essere arrestato, si costituì spontaneamente al capurbano Giulio Cappelleri, venendo subito trasferito alle prigioni di Gerace.
Il 30 settembre 1847 Pietro Mazzone venne fucilato e, alle ore 22.00 del 2 ottobre 1847, cadde con gli altri quattro eroici compagni sotto il fuoco dei 40 moschetti del plotone di esecuzione.
Neppure le loro salme furono rispettate, in quanto furono accatastate nella fossa comune della zona denominata "Lupa" del vicino Convento dei P.P. Minori di San Francesco.
Nel 1931 a Gerace, nel luogo dell’ esecuzione, venne costruita una lapide, per non dimenticare la triste fine dei cinque martiri calabresi con il seguente epitaffio:
Bello Michele da Siderno
Mazzone Pietro da Roccella Jonica
Ruffo Gaetano da Bovalino
Salvadori Domenico da Bianconovo
Verducci Rocco da Carafa
precursori di libertà.
A Roccella Jonica, esiste ben conservata la casa natale di Pietro Mazzone, è stata intitolata all’eroe la Piazza della Stazione e il locale del Liceo Scientifico Statale.